Friday , 29 March 2024

L’aritmetica condanna il Pescara, è serie B

Da Genova a Genova. Dalla Sampdoria al Genoa. Strane coincidenze di una stagione, quella del Pescara, iniziata male e finita peggio. Da quel 3-1 che sancì la storica promozione targata Zeman, al 4-1 contro il Genoa dell’ex Immobile, che dice aritmeticamente serie B.

Difficile trovare qualche nota positiva. Il mercato estivo, la scelta degli allenatori. Tutto sbagliato. O forse non adatto alla serie A. Un campionato che, per quanto mediocre, ha evidenziato inesorabilmente l’inferiorità del Pescara sotto ogni punto di vista. Innanzitutto, quello tecnico: i giocatori da serie A – e da lotta salvezza – si contano sulla punta delle dita. Pelizzoli, D’Agostino – dal punto di vista umano forse discutibile, ma dal punto di vista tecnico nulla da dire – Celik – che qualcosa di buono ha fatto vedere – Cascione – uno che ci ha sempre messo anima e corpo. Non ne vengono in mente altri. Qualche giovane interessante sì, come Perin, Capuano, Quintero, Weiss, Caprari. Ma non basta, i ragazzi non hanno assorbito l’impatto con la serie A e hanno sofferto per tutta la stagione.

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Una società troppo inesperta e nella gestione economica e in quella tecnico-sportiva. Spesso i tifosi si sono lamentati del costo troppo alto dei biglietti e degli abbonamenti e hanno rinunciato ad andare allo stadio, complici le orrorifiche prestazioni della squadra. La cessione di Verratti, mai sostituito con un giocatore all’altezza. Per non parlare del mercato estivo e di riparazione. Per rimediare agli acquisti di Modesto, Vukusic (mister 4 milioni di euro), Blasi, Abbruscato, a gennaio sono arrivati Zauri, Bianchi Arce, Sculli, Kroldrup. Giocatori che con i loro ingombranti nomi da serie A non hanno fatto altro che togliere spazio a chi magari poteva dare qualcosa in più. Zero motivazione, zero grinta. Ma sono in tanti ad aver deluso, non solo i nuovi. Il riferimento è ai cosiddetti veterani, a quelli che col Pescara hanno giocato anche in serie C.

Sarebbe magari bastato prendere un buon tecnico, un lottatore abituato a soffrire un campionato intero per poi portare a casa la salvezza. Invece no, si è voluto scommettere anche sull’allenatore. Scelta quanto mai sbagliata se poi la scommessa si chiama Giovanni Stroppa, uno che prima di Pescara aveva allenato il SudTirol in Lega Pro. Cosa poteva inventarsi un debuttante come lui? Sin dalle prime gare si è visto che non aveva carisma sui giocatori e soprattutto non aveva idee tali da far rendere al meglio una squadra di stranieri, giovani e inesperti. Per cercare di cambiare rotta è stato chiamato Cristiano Bergodi, uno che veniva da alcune avvenure in Romania e da una buona esperienza al Modena e che è stato allenato – come Stroppa peraltro – da Zeman. Sempre lui, Zeman. La ricostruzione post-promozione del Pescara è sempre passata dalla filosofia di Zeman. Ma un conto è essere zemaniani e avere la filosofia di Zeman. Un conto è essere Zdenek Zeman. Con Bergodi la squadra sembrava essere cambiata, buon gioco, grinta, ostacolati dalla sfortuna che ha sempre caratterizzato la stagione biancazzurra anche nei momenti migliori. L’apice? La vittoria con la Fiorentina al ‘Franchi’, vittoria non meritata, ma storica, se si pensa che i viola sono stati sconfitti solo un’altra volta in tutto il campionato, ieri sera contro la Roma. L’abisso? Quel 6-0 con la Sampdoria, inspiegabile, inaccettabile, soprattutto per i tifosi che hanno sempre sostenuto – e continueranno a farlo in B – la squadra, bacchettandola e rimproverandola quando era necessario. Perché va bene perdere, va bene andare in B. Ma non così. Senza lottare neanche un minuto. Senza provarci.

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Parlare dell’era Bucchi e del prossimo anno non ha senso, significherebbe impelagarsi in un mare di nomi e strategie, previsioni e aspettative che i tifosi forse non hanno voglia di stare a sentire. Una serie B che in molti si aspettavano. Altri invece ci speravano, magari i più giovani, quelli che avevano ancora negli occhi il magico Pescara di Insigne, Immobile e Sansovini. Andati tutti altrove. Questo era un altro Pescara, un Pescara da serie B, capitato, per caso, in serie A.

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